100 Philosophie und Psychologie
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Cette recherche a pour objet l'articulation entre les dimensions anthropologiques et sociologiques de l'anthropologie philosophique de Helmuth Plessner (1892-1985). Elles procèdent selon trois axes. Je m'efforce (1) d'offrir une synthèse de l'anthropologie philosophique plessnerienne afin (2) de reconstituer les conditions de possibilité du social au stade humain de l'organique. Le troisième axe (3) correspond, enfin, à l'analyse des limites structurelles du social à partir de ses deux dimensions constitutives : l'individuel (limites ontogénétiques, comportementales et inter-personnelles) et le collectif (limites culturelles, intra- et inter-culturelles).
Die Arbeitsbibliothek von Dieter Adelmann befindet sich in der Universitätsbibliothek Potsdam und ist in diesem Band verzeichnet; der Nachlass und das Findbuch befinden sich im Universitätsarchiv Potsdam. Dieter Adelmann wurde am 1. Februar 1936 in Eisenach, Thüringen, geboren. Er studierte Philosophie, Germanistik und Soziologie an der Freien Universität Berlin und an der Universität Heidelberg und wurde dort 1968 mit der Arbeit Einheit des Bewusstseins als Grundlage der Philosophie Hermann Cohens bei Dieter Henrich und Hans-Georg Gadamer promoviert. Von 1968 bis 1970 war Adelmann Leiter des „Collegium Academicum“ der Universität Heidelberg; von 1970 bis 1974 Landesgeschäftsführer der SPD in Baden-Württemberg (Zuständigkeit: Politische Planung) und zeitweise auch Wahlkreisassistent des SPD-Bundestagsabgeordneten Horst Ehmke. Anschließend arbeitete Adelmann publizistisch mit dem Grafiker und gegenwärtigen Präsidenten der Berliner Akademie der Künste, Klaus Staeck zusammen, bevor er von Juli 1977 bis einschließlich September 1979 beim Vorwärts im Ressort Parteien und Programme beschäftigt war. Nach seinem Abschied vom Vorwärts war Adelmann freiberuflich in Bonn tätig, u.a. als Journalist. 1995 war er wissenschaftlicher Mitarbeiter im Rahmen der Herausgabe der Werke Hermann Cohens am „Moses-Mendelssohn-Zentrum“ und am Lehrstuhl für Innenraumgestaltung an der Technischen Universität Dresden. Nach dem Ende der Tätigkeit in Potsdam war Adelmann bis zu seinem Tod am 30. September 2008 freiberuflicher Philosoph und Cohen-Forscher.
Con la sua proposta di una Somaestetica, articolata fondamentalmente in analitica, pragmatica e pratica, Richard Shusterman intende in primo luogo fornire e creare una cornice metodologica, un orientamento unitario che sia in grado di rintracciare, ricostruire e portare a manifestazione - all’interno di eterogenee riflessioni teoriche e pratiche somatiche - la comune esigenza di ridare luce alla dimensione corporea come modo primario di essere nel mondo. Recuperando l’accezione baumgarteniana di Aesthetica come gnoseologia inferiore, arte dell’analogo della ragione, scienza della conoscenza sensibile, la somaestetica intende dare nuovo impulso alla più profonda radice di estetica e filosofia che coglie la vita nel suo processo di metamorfosi e rigenerazione continua, in quel respiro vitale che, per quanto possa diventare cosciente, non è mai totalmente afferrabile dalla ragione discorsiva, situandosi piuttosto in quello spazio primordiale in cui coscienza e corpo si coappartengono, in cui il soggetto non è ancora individualizzabile perché fuso con l’ambiente, non è totalmente privatizzabile perché intrinsecamente plasmato dal tessuto sociale cui egli stesso conferisce dinamicamente forma. A partire dunque dalla rivalutazione del concetto di Aisthesis la disciplina somaestetica mira ad una intensificazione di sensorialità, percezione, emozione, commozione, rintracciando proprio nel Soma la fonte di quelle facoltà “inferiori” irriducibili a quelle puramente intellettuali, che permettono di accedere alle dimensioni qualitative dell’esperienza, di portare a manifestazione e far maturare l’essere umano come essere indivisibile che non si lascia incontrare da un pensiero che ne rinnega l’unitarietà in nome di fittizie e laceranti distinzioni dicotomiche. Nel corpo infatti si radicano in modo silente regole, convenzioni, norme e valori socioculturali che determinano e talvolta limitano la configurazione ed espressione di sensazioni, percezioni, cognizioni, pensieri, azioni, volizioni, disposizioni di un soggetto da sempre inserito in una Mitwelt (mondo comune), ed è allora proprio al corpo che bisogna rivolgersi per riconfigurare più autentiche modalità di espressione del soggetto che crea equilibri dinamici per mantenere una relazione di coerenza con il più ampio contesto sociale, culturale, ambientale. L’apertura al confronto con eterogenee posizioni filosofiche e l’intrinseca multidisciplinarietà spiegano la centralità nel contemporaneo dibattito estetologico internazionale della Somaestetica che, rivolgendosi tanto ad una formulazione teorica quanto ad una concreta applicazione pratica, intende rivalutare il soma come corporeità intelligente, senziente, intenzionale e attiva, non riducibile all’accezione peccaminosa di caro (mero corpo fisico privo di vita e sensazione). Attraverso la riflessione e la pratica di tecniche di coscienza somatica si portano in primo piano i modi in cui il sempre più consapevole rapporto con la propria corporeità come mediatamente esperita e immediatamente vissuta, sentita, offre occasioni autentiche di realizzazione progressiva di sé innanzitutto come persone, capaci di autocoltivazione, di riflessione cosciente sulle proprie abitudini incorporate, di ristrutturazione creativa di sé, di intensificata percezione e apprezzamento sensoriale sia nel concreto agire quotidiano, sia nella dimensione più propriamente estetologica di ricezione, fruizione e creazione artistica. L’indirizzo essenzialmente pragmatista della riflessione di Shusterman traccia così una concezione fondamentalmente relazionale dell’estetica in grado di porsi proprio nel movimento e nel rapporto continuamente diveniente di vera e propria trasformazione e passaggio tra le dimensioni fisiche, proprio-corporee, psichiche e spirituali del soggetto la cui interazione, ed il cui reciproco riversarsi le une nelle altre, può risultare profondamente arricchito attraverso una progressiva e sempre crescente consapevolizzazione della ricchezza della dimensione corporea in quanto intenzionale, percettiva, senziente, volitiva, tanto quanto vulnerabile, limitante, caduca, patica. Il presente lavoro intende ripercorrere ed approfondire alcuni dei principali referenti di Shusterman, focalizzandosi prevalentemente sulla radice pragmatista della sua proposta e sul confronto con il dibattito di area tedesca tra estetica, antropologia filosofica, neofenomenologia e antropologia medica, per riguadagnare una nozione di soma che proprio a partire dal contrasto, dall’impatto irriducibile con la potenza annullante delle situazioni limite, della crisi possa acquisire un più complesso e ricco valore armonizzante delle intrinseche e molteplici dimensioni che costituiscono il tessuto della soggettività incarnata. In particolare il primo capitolo (1. Somaestetica) chiarisce le radici essenzialmente pragmatiste della proposta shustermaniana e mostra come sia possibile destrutturare e dunque riconfigurare radicati modi di esperienza, rendendo coscienti abitudini e modi di vivere che si fissano a livello somatico in modo per lo più inavvertito. Il confronto con la nozione di Habitus, di cui Pierre Bourdieu mette brillantemente in luce l’invisibile e socialmente determinata matrice somatica, lascia scorgere come ogni manifestazione umana sia sostenuta dall’incorporazione di norme, credenze, valori che determinano e talvolta limitano l’espressione, lo sviluppo, persino le predisposizioni e le inclinazioni degli individui. Ed è proprio intervenendo a questo livello che si può restituire libertà alle scelte e aprirsi così alle dimensioni essenzialmente qualitative dell’esperienza che, nell’accezione deweyana è un insieme olistico unitario e coeso che fa da sfondo alle relazioni organismo-ambiente, un intreccio inestricabile di teoria e prassi, particolare e universale, psiche e soma, ragione ed emozione, percettivo e concettuale, insomma quell’immediata conoscenza corporea che struttura lo sfondo di manifestazione della coscienza.
Die Tränen des Henri Quatre
(2014)
Der vorliegende zweite Band mit Texten aus dem Nachlass von Dieter Adelmann (1936–2008) macht eine der letzten Arbeiten, die ihr Verfasser anlässlich seines 70. Geburtstags aus der Hand gegeben hat, für ein breites Publikum zugänglich. Der Essay bildet dabei einen Abschluss von Adelmanns ersten, im weitesten Sinne philosophischen Publikationen, die nach der Doktorarbeit (Bd. 1 der Nachlasspublikationen) entstanden sind. Ausgehend von einer Beobachtung in Heinrich Manns epochaler Doppelromanbiografie des navarresisch-französischen protestantischen Königs Henri IV. untersucht Adelmann die Tränen- und Todesmetaphorik in dem Romanwerk aus den 1930er Jahren. Von hier aus wird eine Brücke zur literaturwissenschaftlichen Ästhetik und Erkenntnistheorie Walter Benjamins geschlagen, mit der sich Adelmann bereits in seinen Arbeiten zur Politkunst Klaus Staecks beschäftigt hatte. Dabei deckt der Verfasser Fehlinterpretationen der Benjaminschen Theorien durch dessen Freund und Nachlassverwalter Theodor W. Adorno auf.