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Uno sguardo che renda omogenee le teorie della lingua relative al XVII e al XVIII secolo non può cogliere che a grandi linee la realtà delle concezioni della lingua abbracciate in questo periodo. Il riconoscimento di una teoria cartesiana della lingua come la spiegazione indifferenziata degli sviluppi conseguenti il passaggio da visioni razionalistiche a concezioni orientate ai sensi sono risultato di tale omogeneizzazione, un processo che contempla la realtà solo in parte.
Il pensiero linguistico era contrassegnato da un misto di forme di riflessione di carattere narrativo e di tipo concettuale-razionale che si completavano in modo reciproco. Se l’approccio concettuale tentava di rilevare le proprietà fondamentali della lingua e ordinarle razionalmente, le forme narrative della riflessione linguistica non si rivolgevano alla lingua in quanto oggetto concettuale. Piuttosto la rappresentavano come oggetto da comprendere. Gli approcci narrativi e concettuali alla lingua prevedono differenze discorsive nelle impostazioni teorico-linguistiche. Anche lo stampo del pensiero teoretico-linguistico contribuisce, attraverso tradizioni differenti, alla molteplicità delle vedute teoretico-linguistiche. Per tradizioni intendiamo posizioni dominanti nella riflessione metalinguistica, presenti in contesti regionali, che possono differenziarsi da altre tradizioni. Ad ogni modo, anche il ritardato sviluppo o la ricezione di teorie linguistiche può condurre a differenze caratteristiche. Le teorie linguistiche dell´Illuminismo furono per esempio recepite in Spagna più tardi che in altri Paesi europei. Ciò condusse all’accettazione sincronica di elementi teorici relativi a teorie diverse e consecutive. Se si concentra l’attenzione al di fuori dell’Europa si verrà attratti dallo sviluppo degli approcci analoghi alla riflessione linguistica che trovarono sviluppo in Cina all’inizio del XX secolo.
Unità e diversità sono tuttavia rintracciabili non solo sul piano della conoscenza metalinguistica ma anche sul piano dell’oggetto. Una sfida per la descrizione della lingua orientata alla tradizione greco-latina era rappresentata dalle lingue indigene con le quali si stava iniziando ad entrare in contatto attraverso i viaggi di scoperta e in seguito all’inizio del colonialismo. Da affiancare alla comunicazione esogena della trasmissione metalinguistica dei rapporti nell’ambito delle lingue europee sono presenti anche approcci per una percezione della specificità categoriale delle lingue americane. Sebbene in alcuni casi non verranno riconosciute le giuste categorizzazioni per le lingue descritte, per lo meno verrà assodato che le categorie rese note dalla grammatica latina non sussistono.
Nella ricerca degli ultimi decenni, la rappresentazione di un paradigma della filosofia della lingua del XVII e del XVIII secolo che postordini e subordini universalmente la molteplicità delle lingue a strutture valide di pensiero e che prescriva per la riflessione linguistica categorie fisse di una grammatica generale strettamente orientata alla logica razionalistica è stata più volte relativizzata. In quanto connessa con la fondatezza dell’unità e con l’inalterabilità del genere umano a seconda di spazio e tempo, la tesi che le lingue nella loro natura molteplice possano esistere solo alle dipendenze di una struttura universale del pensiero si lasciava catalogare tra quelle posizioni paradigmatiche sussistenti nell’ambito della filosofia della lingua di allora. Attraverso la conoscenza dell’origine storica dell’evoluzione dell’uomo, di tutti i suoi stili di vita e forme di comunicazione, assume rilievo un’altra posizione paradigmatica che attribuisce alla lingua un influsso formativo sul pensiero.
Attraverso la differenziazione ideologico-filosofica e la specificità nazionale delle sue tesi relative alla lingua in generale e alle lingue storiche in particolare la visione secolarizzata dell’uomo e della società elaborata all’apice dell’Illuminismo si associava allo sviluppo corrispettivo e al cambiamento delle posizioni teorico-linguistiche. Con la proclamazione della lingua e del pensiero come risultati di un lungo sviluppo corrispettivo nella storia dell’umanità viene assegnato nuovo valore alle prese di posizione sulla natura e sull’origine della lingua.
El lunfardo : Kontaktvarietät der Migrationskultur am Rio de la Plata und in der Welt des Tango
(2014)
Unfälle der Sprache
(2014)
Der Begriff »Katastrophe« hat in unserer Alltags- und Mediensprache Hochkonjunktur. Was in der Abfolge von Kriegen, Attentaten, Erdbeben, Vulkanausbrüchen und Tsunamis als »Katastrophe« bezeichnet wird, verlangt nach einer zugespitzten Analyse. In der Literaturwissenschaft wird der Ausdruck als Bezeichnung für das schreckliche Unglück verwendet, mit dem eine Tragödie endet. Die »Strophe« bezeichnet dabei ursprünglich die körperliche Drehung, mit welcher der Chor in der antiken Tragödie seinen Gesang begleitete, bevor etwas Neues beginnt ..
Der 2008 im Internet veröffentlichte Briefwechsel zwischen Humboldt und Johann Gottfried Ehrenberg wird bald mit 22 bisher unedierten Briefen von Ehrenbergs Hand vervollständigt, die aus dem Bestand der Sammlung Darmstädter der Staatsbibliothek zu Berlin-Preußischer Kulturbesitz stammen. Anne Jobst präsentiert und kontextualisiert in ihrem Artikel vier dieser bisher unbekannten Briefe.
Alexander von Humboldt setzte sich für andere Wissenschaftler ein, damit sie ebenfalls bei dem berühmten Tübinger Verleger Cotta ihre Texte publizieren konnten. Zu diesem Kreis zählte der in Paris lebende Sinologe und Asienexperte Julius Klaproth, dessen Arbeiten Humboldt sehr schätzte. Ute Tintemann untersucht das Geflecht der Beziehungen zwischen Klaproth, Cotta und Humboldt am Beispiel von Klaproths Projekt einer Neuedition des Mithridates oder allgemeine Sprachkunde.
Wie hielt es Alexander von Humboldt mit der Evolution? Dieser Frage geht Thomas Schmuck nach, denn es erscheint ihm auffällig, dass sich Humboldt in seinem umfangreichen Werk kaum zu Fragen der Evolution äußert. An den wenigen Passagen, in denen Humboldt evolutive Themen aufgriff, distanzierte er sich in vorsichtiger Skepsis von nicht durch Empirie gestützten Spekulationen.
Das Haus in der Jägerstraße, welches um 1800 die Nummer 22 erhielt, ist bekannt als das Elternhaus der Brüder Wilhelm und Alexander von Humboldt. Ob Alexander von Humboldt hier oder im elterlichen Schloß geboren wurde, ist unklar, da er selbst im Verlauf seines Lebens zu dieser Frage widersprüchliche Angaben machte. Das Rätsel des Geburtsortes bleibt vorerst weiter ungelöst. Es ist aber eine Akte aus Privatbesitz aufgetaucht, die zur Geschichte des Hauses Jägerstraße 22 zahlreiche bislang unbekannte Dokumente enthält. Sebastian Panwitz stellt einen Abschnitt daraus vor.
Am 17. Dezember 2014 feiert der langjährige Arbeitsstellenleiter der Alexander-von-Humboldt-Forschungsstelle der Berlin-Brandenburgischen Akademie der Wissenschaften Ingo Schwarz seinen 65. Geburtstag. Aus diesem Anlass haben Freunde, Kollegen und Wegbegleiter Beiträge zusammengetragen, die die Bandbreite der jahrzehntelangen Forschungen Ingo Schwarz’ zu Alexander von Humboldt widerspiegeln.
Auf seiner russisch-sibirischen Reise im Jahre 1829 berührte Alexander von Humboldt zweimal Ust’-Kamenogorsk (heute kasachisch Öskemen), die kleine Stadt am Irtyš, an der Südgrenze des Russischen Reiches. Christian Suckow beschreibt Humboldts kurzen, zweitägigen Aufenthalt an dem Ort, der Ausgangs- und Endpunkt der Exkursion zur Silbergrube Zyrjanovsk im südwestlichen Altai und nach Baty an die chinesische Grenze war.
„Zur Freiheit bestimmt“
(2014)
Im Zentrum des Beitrags von Frank Holl steht die Frage nach Humboldts Menschenbild und seiner Sicht auf die Kulturen der Welt. Der Autor sieht seinen Aufsatz als Weiterführung und Ergänzung der Auseinandersetzung mit der Initiative „NoHumboldt21“. Er geht zunächst auf Humboldts Sicht auf die amerikanischen Kulturen ein, die stark mit seiner Kritik am europäischen Kolonialismus und an der Sklaverei verbunden ist. Dann wirft er einen Blick auf Humboldts Sicht auf andere Kulturen der Welt und erläutert letztendlich sein Verhältnis zu den Juden.
Auf welche Weise sich unsere Einschätzung des wissenschaftlichen Wirkens Alexander von Humboldts auf Grundlage der beständig voranschreitenden Erschließung seiner Handschriften verändern konnte und welche aktuellen wissenschaftshistorischen Fragestellungen dadurch aufgeworfen wurden, verdeutlicht Oliver Schwarz an Beispielen aus der Astronomie.
Friedrich Wilhelm III., seit 1797 König von Preußen, garantierte am 19. November 1805 dem 36-jährigen Humboldt eine Pension von jährlich 2.500 Talern. Nur wenige Tage danach ernannte er ihn zu seinem Kammerherrn. Was Humboldt nicht ahnen konnte war, dass dieser Dienst 54 Jahre währen sollte. Bärbel Holtz beschreibt die bisher wenig untersuchte Beziehung des Monarchen zum Forschungsreisenden.